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In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche di una lampadina per casa e vediamo quali risultano essere i prezzi dei vari prodotti.
In tutti gli impianti di illuminazione il ruolo svolto dalle sorgenti luminose (le lampade intese come dispositivi che generano luce) è di primaria importanza. In esse si genera, per trasformazione dell’energia elettrica, quella luce che, orientata e trasformata dalle componenti ottiche degli apparecchi, si distribuisce alla fine nell’ambiente da illuminare. In altre parole, tramite le sorgenti luminose si ha a disposizione la materia prima necessaria.
È ovvio che tanto più elevata sarà la qualità della luce, quanto più l’impianto verrà apprezzato per l’efficacia nel dare risposta alle esigenze espresse dalla committenza.
Ben consapevoli di questo carattere determinante, gli installatori qualificati prestano grande attenzione alla loro evoluzione, cioè a tutti gli elementi innovativi, privilegiando ovviamente quelli tecnici. Sapere usare la lampada adatta, caso per caso, è certamente un preciso connotato di professionalità.
Anche il mondo della produzione è ben consapevole dell’importanza delle sorgenti luminose e questo spiega perché considerevoli risorse economiche e umane sono dedicate alla ricerca tecnologica unita agli studi nei campi della fisica, della chimica e della scienza dei materiali. Oggi il prodotto lampada è frutto di processi industriali automatizzati di media e alta tecnologia; la lampada è uscita da tempo dall’alveo della fabbricazione artigianale o semindustriale, diventando sotto ogni aspetto un prodotto seriale di diffuso consumo. Sono poche, ormai, le piccole industrie attive in questo segmento dominato da grandi complessi multinazionali che si contendono i mercati di tutto il mondo; queste sono le uniche entità industriali in grado di sostenere i pesanti oneri della ricerca tecnologica, della fabbricazione automatizzata, della capillare distribuzione commerciale, della comunicazione e promozione pubblicitaria.
La predominanza della grande industria ha amplificato e diversificato l’offerta. I nostri non sono più i tempi in cui la conoscenza dei tipi principali, unita alla pratica dell’installazione elettrica, potevano essere gli ingredienti necessari e sufficienti per realizzare buoni impianti di illuminazione. I tipi di sorgenti si sono moltiplicati e anche le procedure di installazione si sono diversificate, in particolare con l’introduzione di sistemi di alimentazione basati sulle tecnologie elettroniche.
Si pone, dunque, per l’installatore e il progettista un problema di aggiornamento tecnico continuo, al passo con un’evoluzione di cui occorre saper valutare l’effettiva portata. Infatti, il bisogno costante del mondo industriale di mantenere viva la domanda del prodotto può spingere a proporre come novità qualcosa che è potenzialmente in alternativa alle soluzione impiantistiche tradizionali, ben conosciute dagli installatori per averle praticate in molteplici contesti. Occorre, caso per caso, saper valutare se l’adozione di una nuova lampada permette di conservare tutti i benefici delle soluzioni già ben collaudate nella pratica e se i vantaggi ulteriori hanno una vera e solida rilevanza.
In sostanza è necessario da un lato acquisire informazioni pertinenti sui nuovi prodotti (cosa non sempre facile attraverso i normali canali della comunicazione pubblicitaria) e dall’altro valutarne la qualità, tenendo sempre ben presente che non esiste una famiglia di sorgenti luminose superiore alle altre e quindi da preferire in assoluto, ma ci sono prodotti adatti, appropriati per determinati impieghi, in cui i loro pregi sono sfruttati al massimo grado.
La classificazione delle lampade
Per aiutare nella scelta si è soliti classificare le lampade tramite raggruppamenti organizzati in livelli e sottolivelli, partendo dalle caratteristiche basilari.
Un ordinamento molto diffuso, di primo approccio, suddivide il campo in sorgenti a incandescenza e sorgenti a scarica, muovendo dal principio di funzionamento. Questa differenza di fondo oggi non basta a incasellare tutte le gamme di prodotto.
L’elettronica, come già è avvenuto in altri settori, ha introdotto nuove differenze: le lampade led (light diode emitting), ad esempio, non rientrano nella famiglia delle lampade a incandescenza, ma non sono neppure da considerare lampade a scarica. Oggi i led non possono vantare le alte efficienze luminose delle seconde, ma hanno durate medie superiori a quelle, ancora assai modeste, delle prime. Un discorso analogo andrebbe fatto per i materiali elettroluminescenti allo stato solido.
A filamento incandescente
Nel segmento delle lampade a filamento di tungsteno le maggiori innovazioni provengono dalla sottofamiglia delle lampade a ciclo di alogeni. La tendenza prevalente è da anni quella di ridurre le dimensioni non solo delle piccole alogene alimentate a bassissima tensione di sicurezza (12 V) ma anche di quelle funzionanti alla normale tensione di rete (230 V). Non serve il trasformatore e l’impianto di semplifica. Anche il portalampada è di piccolo formato e la lampada può essere usata in qualsiasi posizione, cosa che non è possibile con i classici modelli tubolari con attacco doppio “R7s”. La durata media è di 2000 ore. Sono in produzione sia la versione a bulbo trasparente, sia quella analoga a bulbo smerigliato, con una perdita del flusso luminoso – in quest’ultimo caso – di circa il 10 per cento. L’efficienza si attesta, in funzione della potenza assorbita, tra i valori di 13 e 14 lm/W: un valore modesto, ma si deve tenere conto dell’assenza del trasformatore e comunque dell’incremento del dato rispetto alle incandescenti. Per esempio, una tradizionale da 60 W emette un flusso di 730 lumen mentre la piccola alogena restituisce 820 lumen a parità di potenza assorbita (12% in più).
Completano il quadro delle prestazioni: la temperatura di colore di 2900 K, il bulbo in quarzo trattato per filtrare le radiazioni ultraviolette, la presenza all’interno dello zoccolo di un fusibile di sicurezza.
Tra le piccole alogene a 12 Volt fornite di coppa riflettente in vetro dicroico esiste il modello ad alta temperatura di colore. Grazie alla selettività del trattamento dicroico è possibile ridurre la riflessione di una parte delle radiazioni – quelle a maggiore lunghezza d’onda – e portare il valore dei kelvin intorno a 4100 K, superando in questo modo il limite fisico dei 3200 K, valore limite determinato dal punto di fusione del filamento di tungsteno (il metallo fonde, in realtà a, 3653 K ma quando ci si avvicina a questo valore il filamento progressivamente perde le caratteristiche di materiale solido, a causa della transizione di stato). È chiaro che la tonalità fredda riduce l’efficienza perché le radiazioni non riflesse sono comunque prodotte dal filamento ma non usate per illuminare.
In alcuni modelli di alogene, tuttavia, si è lavorato per incrementare l’efficienza utilizzando uno speciale rivestimento a base di cerio della parete interna del bulbo in quarzo, in modo da riflettere sul filamento una parte delle radiazioni infrarosse. Si tratta di un processo di recupero termico che permette di mantenere in temperatura il filamento utilizzando una minore quantità di energia elettrica. Gli incrementi dell’efficienza si attestano nell’ordine del 25-30 per cento.
Le fluorescenti
Passando ora alle fluorescenti lineari, l’introduzione dei modelli forniti di tubo di scarica di piccole dimensioni ha aperto nuovi campi d’impiego. Sono cambiate le lunghezze dei tubi: non solo i noti formati di 600 mm (18 W), 1200 mm (36 W), 1500 mm (58 W), tipici delle T8 (fluorescenti con diametro del tubo di 26 mm), ma anche 560 mm (24 W), 860 mm (39 W) fino ai 1460 mm (80 W). Come si può notare, nelle T5 (diametro del tubo 16 mm) rispetto alle T8, alle lunghezze leggermente inferiori corrispondono potenze notevolmente superiori. Il che significa che sono stati ridotti gli ingombri ed è stata incrementata la quantità di luce erogata. Il tubo più sottile ha permesso e favorito una piccola rivoluzione nella progettazione degli apparecchi di illuminazione; infatti, tutto si è ridotto negli ingombri e nei pesi: portalampade, corpi, riflettori, schermi. Il rendimento ottico si è innalzato perché una fonte luminosa con superficie emittente di minore estensione (passando dal diametro di 26 mm a quello di 16 mm si ha una riduzione dell’area esterna del tubo di circa il 38%) riduce il fenomeno dell’autoassorbimento di luce, cioè della luce riflessa verso la stessa sorgente che l’ha generata.
Per quanto riguarda l’efficienza luminosa, una T5 da 28 W, con temperatura di colore di 3000 K e un indice di resa dei colori superiore a 80 e inferiore a 90, fornisce un flusso di 2600 lumen, con un’efficienza di circa 93 lm/W, non tenendo conto delle perdite dovute all’alimentatore elettronico, valutabili intorno al 5% della potenza alimentata. E passando a indici di resa dei colori superiori (oltre il valore di 90) si scende intorno ai 70-75 lm/W. Inoltre oggi è possibile scegliere tra differenti temperature di colore: 2700 K (luce calda), 3000 K, 4000 K, 5000 K (simile alla luce diurna), 6500 K.
Le compatte a scarica ad alta pressione
Da segnalare sul fronte delle compatte ad alta qualità di luce, del tipo a vapori di alogenuri metallici (o “a ioduri”), oltre all’ampliamento della gamma delle potenze (20, 35, 70, 150, 250 W) e alla costanza della temperatura di colore durante la durata della lampada, il progressivo affermarsi di questo tipo di sorgente nell’impiantistica per ambienti esterni, in sostituzione alle migliori lampade a vapori di sodio ad alta pressione. Il processo è ancora ai suoi inizi ma le prospettive che si aprono sono veramente interessanti. Le lampade sono più piccole, quindi, come nel caso delle fluorescenti T5, si riducono le dimensioni delle ottiche e dei corpi degli apparecchi; in alcuni casi gli alimentatori sono di tipo elettronico, ma è soprattutto la qualità della luce emessa che migliora con un salto significativo di qualità. Alla luce giallastra subentra la luce bianca a 3000 K o a 4200 K, il che significa dare all’illuminazione in esterni, pubblica o privata, in particolare negli ambienti urbani, una rea dei colori nettamente superiore.
I nuovi led per impianti di illuminazione
Alcuni cenni, in conclusione, sui led (acronimo da “light emitting diode”). Sembravano destinati solo a ravvivare, con i loro colori sgargianti, display e pannelli segnaletici, o a comporre per punti vivide immagini in schermi e megaschermi; invece, a partire dalla metà degli anni 90, con l’invenzione del led capace di emettere luce di colorazione blu, sono entrati nel territorio delle nuove sorgenti miniaturizzate per l’illuminazione ambientale. Da quegli anni ogni sforzo è stato fatto per qualificare il nuovo prodotto, tenendo conto dei nuovi possibili impieghi. A cominciare dal nome: il led per illuminare è diventato “power led”, anche se le potenze si attestavano su bassi valori (1, 2.6, 3, 5 W).
L’aspetto che colpisce di più dei cosiddetti power led sono certamente le dimensioni. Si può dire che il led, tra tutte le lampade in commercio, detenga il primato degli ingombri ridotti: una capsula alta pochi millimetri appare come un “grano” facile da occultare quando è inattivo, mentre in funzione diventa un punto luminoso molto brillante. Osservando attentamente, si può notare che questa capsula, costruita in materiale plastico trasparente, funge da protezione e da corpo ottico (riflette e rifrange i raggi luminosi) per una piastrina (chiamata wafer o chip) composta da strati sottili di particolari materiali semiconduttori, strati con eccesso di cariche libere negative e strati colmi, invece, di cariche positive (o lacune). Quando si fornisce corrente elettrica continua ai capi di questo pacchetto di semiconduttori, le cariche libere vanno a occupare le lacune e da questo processo nasce e si libera un gruppo ben circoscritto di radiazioni luminose. Si deve parlare di gruppo nello spettro elettromagnetico perché queste radiazioni si assomigliano per il loro colore; in altre parole, le loro lunghezze d’onda hanno valore simili e i nostri occhi le vedono come luce di un certo colore, quel colore che i materiali semiconduttori che compongono il chip sono capaci di generare.
Il led a luce bianca
Dunque, utilizzando diversi tipi di materiali semiconduttori, si fabbricano led a luce rossa, verde, ambra, blu. Ma è evidente che la disponibilità di luce colorata serve poco all’illuminazione degli ambienti perché la restituzione cromatica (la riflessione che svela tutti i colori ai nostri occhi) richiede luce eterocromatica, o luce bianca.
Oggi la tonalità bianca è ottenuta con due tipi di tecnologie. La prima prevede l’impiego di un led a luce blu fornito di una capsula speciale semitrasparente trattata con polveratura fluorescente. Ma esiste anche una seconda tecnologia per generare luce eterocromatica ed è quella basata sulla sintesi additiva dei tre colori primari. È possibile, infatti, integrare in una sola sorgente luminosa tre led (i nuovi multiled), in grado ognuno di generare luce dei colori rosso, verde e blu. Miscelando e regolando singolarmente questi minuscoli fasci colorati si ottengono diverse tonalità di luce bianca.
Altre prestazioni di rilievo
Un ulteriore caratteristica che desta interesse è quella della durata. Stando alle dichiarazioni dei costruttori, la durata del led è a dir poco eccezionale: ben 100.000 ore con un decurtamento a fine durata del 50% delle prestazioni (flusso reso, qualità cromatica della luce). Questo dato è frutto di estrapolazioni ed è comunque riferito a condizioni ideali di funzionamento che ben difficilmente si verificano nelle comuni installazioni. Nella pratica installativa si riscontrano valori intorno alle 60.000 ore in condizioni di buona efficienza generale dell’impianto di alimentazione, soprattutto con un buon smaltimento del calore prodotto alla base della sorgente.
Sono molti fattori che determinano la durata del led. Una variazione dei valori di tensione e corrente può ridurne notevolmente il valore, addirittura mettere in totale avaria il led nel volgere di pochi secondi; pertanto è assolutamente necessario stabilizzare i parametri fondamentali dell’alimentazione elettrica. La stessa cosa può accadere in presenza di cariche elettrostatiche nella fase dell’installazione. Inoltre il materiale plastico che ricopre il chip si opacizza per gli effetti del pur modesto residuo di raggi ultravioletti emesso dal led. Verso la fine del periodo di durata il led non si spegne ma la luce emessa subisce un graduale decurtamento.
È difficile prevedere oggi che cosa cambierà nell’illuminazione di ambienti interni ed esterni quando i led troveranno maggiore diffusione e miglioreranno ulteriormente le loro caratteristiche tecniche e funzionali. Concentrando l’attenzione sugli ingombri minimi e sull’aggregabilità a sistema in infinite composizioni, si può pensare a nuove forme di integrazione tra la fonte luminosa e gli elementi costruttivi o di arredo, aprendo inediti orizzonti all’industrial design. Con i led è possibile, per esempio, creare pannelli luminosi di ridotto spessore, quindi molto leggeri, in funzione di cortine divisorie sui piani verticali (pareti) e orizzontali (soffitti, pavimenti). Nella stessa lastra di vetro delle finestrature o dei piani divisori in un interno, è possibile incorporare i punti luminosi. Ogni oggetto che sia in grado di ricevere energia elettrica in ridotte quantità (e a tensione bassissima di sicurezza) può diventare un corpo luminoso.
Prezzi Lampadine per Casa
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